The Capri Times
Sasà Sorrentino

Ceramista salernitano
Текст: Caterina Marina Anselmo
Фото: Наталья Галкина Нови
Январь, 2021
Fantasioso, innovativo , ironico, talvolta irriverente, Sasà Sorrentino, ceramista salernitano , coniuga il passato con il futuro attraverso forme e materiali tradizionali , con un metodo di produzione innovativo e sostenibile , illustrato dallo stesso artista nel corso dell’intervista. Da Pagani ( Sa) paese di origine , all’incanto della costiera amalfitana e oltre, le opere di Sasà esprimono i valori e la passione per la sua terra.
Sasà Sorrentino, tra arte e passioni, il restauro, la pittura, la fotografia … si racconta ai lettori

Comincio col dire che, più che ceramista, come vengo generalmente presentato, sono approdato alla ceramica per una questione di ordine quasi esistenziale. In un’era nella quale il virtuale sta dilagando, la ceramica mi ha riappacificato con l'elemento terra ed essa, per me, rappresenta punto di equilibrio. l'ho definita il “quinto elemento” perché racchiude in sé l'acqua, il fuoco, la terra e l'aria che miscelati, producono un elemento che fissa la materia che è la ceramica. E’una sorta di rappacificazione con gli elementi. Forse parlare di approdo non è neppure corretto perchè mi auguro che cisia un’evoluzione in questo mio percorso, che mi conduca ad approdare in altri contesti. Tuttavia posso dire che mi trovo in un momento favorevole perchéposso raccontare quello che a me più piace, l’ironia, la drammaticità, legandomi anche alla tradizione della mia terra, anche di quella vicina alla mia terra di origine, che è la Costiera amalfitana, che ha visto artisti che probabilmente mi hanno ispirato.

Si riferisce ad un’origine artistica o legata ai suoi natali?
Riguardo le mie origini legate alla nascita faccio riferimento all'entroterra dell'agro nocerino sarnese e quindi, ovviamente, a Pagani, la città dove sono nato. Sono un paganese che non ha mai visto i monti Lattari o altri confini come un limite invalicabile. Ho compiuto un percorso di studi anche altrove, come Firenze, dove mi sono diplomato in restauro archeologico. Ancora prima avevo frequentato il Liceo Artistico. Successivamente ho frequentato la Facoltà di Architettura a Napoli senza proseguire negli anni. Frequentare era per me troppo dispersivo per una corretta gestione degli studi artistici.Io sono stato sempre uno che si è annoiato fino a quando non ho trovato la vera dimensione: toccare la materia trasformandola e, attraverso essa, raccontare la mia vita. Quest’ultima, probabilmente è simile a quella degli altri ed include gioie, timori, passioni, drammi e felicità esattamente come per gli altri. C’è poca diversità nella mia vita rispetto a quella di un’altra persona che non fa il mio lavoro. L’unica differenza sta, credo, nel fatto che io ho la possibilità di raccontarmi attraverso la rielaborazione della materia.
Ma vi è di più. Ho conseguito formazione anche nel campo della fotografia pubblicitaria per cui, attraverso la rielaborazione di foto e video, ho la possibilità di realizzare dei cortometraggi che mi lasciamo esprimere in una ulteriore forma differente,al di là dell’aspetto materico, i concetti già “raccontati “, espressi e riportati nelle mie opere.
Possiamo dire che un artista possiede un grande privilegio, allora, che sta tutto nella possibilità e nella capacità di raccontarsi attraverso ciò che crea?
Un privilegio, certamente, ma anche una grande responsabilità per cui mi guardo bene dal definirmi “artista”. Ritengo che in questa espressione vi sia una grande consapevolezza e onere verso ciò che si è e si fa. Per me “artista “ è un termine generico, che indica un soggetto che racconta e che deve avere, di base, onestà intellettuale e non a tutti l’onestà intellettuale può essere gradita. Come pure posso dire di non amare di essere sottoposto al giudizio di critici perché ritengo che non bisogna essere criticati ma ascoltati.
In questo incontro siamo alla ricerca di una “definizione“ nella quale Sasà Sorrentino possa ritrovarsi. Ceramista no, artista no….
Possiamo qualcosa a proposito del Restauro?
Il restauro è la parte intermedia della mia professione che tutt’ora pratico.  Sono un restauratore a tutti gli effetti che di tanto in tanto si cimenta in consulenze nei cantieri riguardo stucchi, intonaci e affreschi. Laceramica è e rimane l'aspetto più nuovo di me e del mio lavoro, anche se appartiene agli studi fatti al Liceo che poi  ho rispolverato successivamente e che mi ha permesso di portar fuori parti di me. Posso dire di essere un artigiano che si racconta attraverso la materia che plasma.
Esploriamo il laboratorio: il luogo, lo spazio, il tempo, i materiali, le creazioni, che vengono elaborate attraverso una metodologia di lavoro innovativa e sostenibile.
Come puoi vedere nel mio laboratorio il caos racconta tutto e il primo impatto fa già capire che si tratta di un luogo che ha vissuto, dove vi sono contenuti tutti gli elementi che rappresentano il mio quotidiano, da un semplice martello ad uno strumento tecnologico, a qualcosa anche di più insensato che pure fa parte di un ciclo produttivo. Puoi vedere esempi di pittura, colori, pennelli, ceramica, tutto ciò che appartiene al mondo espressivo che non sia la parola. Per me si tratta di raccontarsi non con la parola ma con la materia. E’ un luogo dove tento di chiarire dubbi e chiarire alcune  incertezze legate anche al tempo che viviamo. Un input, in particolare, me lo ha fornito mia figlia Angelica, una mattina, chiedendomi: “Papà, ma chi fa l’uovo?”
Questa domanda ha fatto scattare in me un campanello di allarme nel pensare che una bambina non conosceva le origini dell'uovo, nulla della catena alimentare, niente dell’origine della vita, abituati come siamo al Supermercato laddove troviamo già tutto confezionato senza preoccuparci della provenienza di quello  che acquistiamo. Così mi sono trovato di fronte a questo dilemma e cioè come raccontare ai miei figli la mia infanzia e la differenza con la loro. Così è nata per gioco questa produzione di animali di cui puoi vedere qualche esemplare qui in laboratorio. E’ una produzione che ho chiamato “bestiario O.G.M.” in cui attrezzi di uso quotidiano, che possedevo già  da quando, ancora bambino, giocavo nel giardino del nonno dove erano collocate anche delle stalle, si sono trasformati in animali, con l'intento di raccontare ironicamente le differenze generazionali. Qui intorno si può vedere il “pesce palla”, nato dalla fusione di una damigiana di vetro da cinque litri con elementi di ceramica. Ripropongo la trasparenza del pesce, che ironicamente mette in dubbio la sua stessa trasparenza, chiamandosi pesce palla, in un dialetto, come il napoletano, in cui il termine “palla” assume il significato di “Balla-bugia”. Anche nel pesce-palla che vive nel mare vedo un collegamento, in chiave ironica, tra tutto ciò che è reale e virtuale. Lassù poi vediamo una lumaca, creata dalla molla di saracinesca di un garage in disuso, che ho trasformato nel guscio di una lumaca e che ho chiamato “escargotrage”, da escargot ( lumaca, in francese, e garage) quindi lumaca-garage che porta in sè un senso di sicurezza, di casa, di rifugio, anche se nel nostro tempo il garage racconta anche i limiti della civiltà, perché altro non è che la rappresentazione di un modo per proteggere e per proteggersi da eventuali incursori che è anche quello che rovina l’estetica, la naturalezza che dovrebbe appartenere all’essere civili. 
Attaccato al soffitto puoi vedere l’opera intitolata il “pesce -sega”. Trattasi di una sega da boscaiolo che ho trasformato in un pesce sega. Anche gli asinelli che vedi in alto sono stati realizzati in maniera inconsueta. Il capo è costituito da una testa di martello ed i chiodi da maniscalco ne formano la criniera. Ai lati dell’asinello puoi osservare dei setacci, dei filtrini, che fungono da gerla. Il bestiario racconta la mia infanzia ed in questo cerco di far capire che cosa il progresso ci ha propinato fino ad oggi. Il mio scopo è riportare nei miei racconti attuali sul progresso, un pò di verità che spesso è quella che ci sfugge.
Quali emozioni vive l’artista (come NON ama definirsi), o meglio, Sasà Sorrentino, mentre plasma la materia grezza?
La materia grezza mi permette di portare alla luce le idee e mi permette di raccontarle. È la sostituta della penna, della voce, di quanto altro possa esserci nel mondo dell'espressione. Io penso di essere stato destinato a questo modalità di espressione, non so per quale motivo o per quale ragione, intanto accade. In tutto quello che vedi c’è l'ironia ma c'è soprattutto il sentimento. Faccio un altro esempio: osserviamo questo semplice boccale, sicuramente un oggetto di design che ha per scopo contenere un elemento vitale ma per me ha anche lo scopo di contenere un messaggio, anch'esso vitale ed io, in quanto soggetto appartenente ad un'identità precisa, essere cioè un campano, un meridionale, spesso denigrato da chi prova anche invidia,  lo racconto attraverso la forma di questo boccale: egli rappresenta il nostro Vesuvio, il vulcano, elemento importante, forza della natura del nostro ambiente che ci ha visto nascere, crescere e, perché no? Diventare fertili. In questa terra, purtroppo, non è rispettato e a volte qualcuno, addirittura, lo implora pensando di farci sparire da questo territorio a cui apparteniamo. Ho raccolto, per cosi dire, la voce di questo elemento come motivo ispiratore per coniare uno slogan tutto mio che recita “A chi mi implora, a chi mi esulta, prima brindo, e poi? Erutto!”
Ed erutto nella maniera più felice, ovviamente, dopo un brindisi fatto di bollicine e tutto il resto lo lascio……alla tua penna!!!
Dalla materia prima alle creazioni: particolarissimi animali, piatti per la “mangianza”, l’elemento sacro della Natività. Elementi della tradizione che si fondono a materiali inconsueti e spesso di recupero. Come nasce l’idea di questa combinazione?
In ogni oggetto che si vede c'è il racconto di me, delle mie gioie, dei miei dolori, delle mie perplessità, delle mie felicità.
Nella mangianza racconto dell'obbligo che abbiamo, del destino che ci obbliga a certe scelte, dell’essere schiacciati da certe situazioni come l’appartenenza aduna catena sociale. La mangianza comunemente racconta del pesce piccolo che viene divorato dal più grande, racconta di quando e come capita di venire catturati da una rete. Tuttavia per me, la “mangianza“ ed il piatto che vedi che ho denominato “o pesce ‘e papà” raccontano una mia esperienza di vita che mi ha segnato in maniera positiva ovvero la nascita della mia prima figlia e del secondo bambino, in particolare, quando alla vista dell'ecografia, alla notizia che fosse un maschio ho esclamato subito: “‘o pesce ‘ e papà”! Questa immagine la si può ritrovare nella forma che è stata data al piatto, a cui ho dato il nome utilizzando l’espressione tipica dei papà napoletani, quando si riferiscono ai loro figli maschi. Ho raccontato questa parte della mia vita in quest’opera e mi emoziono sempre nel guardare questo piatto che ricorda nella forma e nei colori una vera e propria ecografia fetale. Se osservi vedi che tutto parte da un nucleo che rappresenta l'inizio della vita mandandoti: -Chi sarà mai? Sarà un maschio? Sarà una femmina?
Poi vedi che i cerchi si allargano per arrivare ad una definizione più realistica dell'embrione e, ricordando ancora una volta il fatto che un campano, quando pensa al figlio maschio, ricorre all’espressione classica “ ‘o pesce ‘e papà”, ho trasferito e rappresentato il concetto in questa serie di oggetti.
La natività invece mi è stata ispirata dalla nascita di mia figlia Angelica e rappresenta l'evoluzione della mia grande passione per il presepe napoletano, che è stata probabilmente la mia prima espressione pseudoartistica artigianale, che ha avuto poi la sua evoluzione in questa natività fatta di strisce di ceramica, che è proseguita stilisticamente nel ciuccigno, cioè l'asino. Considero la Natività segno tangibile, vitale, del rapporto che instauriamo con gli altri. Quindi questa natività fatta di nastri di ceramica annodati, legati, racconta l'importanza che noi abbiamo in relazione agli altri individui. In effetti noi siamo il prodotto dei rapporti che instauriamo con gli altri e quindi sento questa forte necessità di raccontarne il legame. A ben pensare, sostanzialmente,noi non saremmo niente senza qualcuno accanto a noi, un amico, una persona cara, un figlio, un parente, un compagno, o tutto ciò che può dare valore al tuo essere.
Ricorrono nella sua arte espressioni arcaiche come “Tatillo”, straniere come “Fuck horn” e Fuck horn reef", coniate ad hoc come “ciuccigno“ etc. per denominare i lavori, prendono ispirazione da…?
Le espressioni prendono vita dal mio vissuto tradizionale che incrocia quello internazionale, dai luoghi preposti, tipo la costiera amalfitana che è un luogo che vede presenze internazionali, ma anche da luoghi che ho frequentato durante il periodo gli studi, come Firenze. A suo tempo, mi sono incrociato comunque con artisti internazionali, in un momento in cui  ero solo uno che osservava il loro operato. Tatillo è una tipica espressione napoletana, da “ ‘ o pat” il padre e viene raccontato in questo personaggio, l’asino del bestiario OGM. L’animale è realizzato con una testa di martello, che sta a rappresentare la testardaggine dell'asino, e per spiegare il significato dell’opera dobbiamo arrivare fino al termine napoletano Tatillo e al proverbio “Tatillo fatica e Pizzicato magna” che rappresenta ancora una volta la differenza tra l'asino lavoratore e il compagno Pizzicato che, a loro volta, rappresentano padre e figlio, il padre che lavora, il figlio che mangia, ovviamente, iI frutto del lavoro del padre.
Tutto questo per raccontare, in pratica, di un figlio che vive degli stenti del padre. L’espressione è molto comune nella tradizione napoletana e devo dire che, qualche volta, questa espressione l'ho sentita pronunciare anche da mio padre anche se in maniera ironica e scherzosa.
Ciuccigno invece è l'asino superdotato, così definito nel nostro dialetto napoletano. Nel racconto che viene fuori da questa creazione io mi ci ritrovo perché spesso è necessario ricorrere a “Tirar fuori gli attributi” allorquando incontri qualcuno che ritiene di essere furbo e pensa di farla franca nei tuoi confronti. Io mi sono rivisto quasi come l'asino, con il desiderio di valorizzare quello che realmente sono: un asino con gli attributi oppure, per dirla anche diversamente, un quadrupede incazzato!
Ricordo che, durante una mostra ad Amalfi ,ebbi un incontro con un soggetto presuntuoso ed arrogante e da lì nacque l'idea di raccontarmi attraverso questo asinoche si ribella e non a caso nasce da un incrocio di tradizioni che quella vietrese, della fascia Costiera Amalfitana dove l’asino è il soggetto, l’elemento che fa nascere architettonicamente la Costiera in quanto ha contribuito a tracciare sentieri, costruire strade e terrazzamenti che hanno dato da vivere alla capacità di adattamento che hanno dato da vivere ai residenti della Costiera e attraverso la tecnica dell' avvolgere la ceramica come se fosse una tagliatella che si annoda incontro la cultura mia tradizionale Paganese dove il tagliolino è l’ elemento che consacra gli eventi importanti, il Convivio della Madonna delle galline e delle feste tradizionali, ritroviamo questo elemento culinario che è presente quasi sempre sulle nostre tavole la domenica e nei giorni festivi. Quindi, attraverso il ricordo di mia nonna che preparava le tagliatelle con la “pettola”, tagliando poi strisce di pasta con un coltello, ispirato da questo modo di veder plasmare la materia, il primo per me, ho creato questo asino utilizzando sfoglia di argilla stesa con un matterello, tagliando le strisce con il coltello, nello stesso modo in cui la nonna stendeva e tagliava l’impasto. Ancora una volta, nell’annodare poi le strisce di argilla, ritorna la tradizione, in un ciclo eterno.  
E’ anche per quello che ha vissuto e raccontato che, è stato definito, non a caso “artista irriverente”? Si riconosce tale?
Irriverente quasi sempre! Ironico anche e nella mia ironia c'è sempre l'irriverenza che forse è l'aspetto che maggiormente lega un poco tutti. L’ironia è spesso il filo conduttore, anche nel voler dire qualcosa di drammatico. Quindi si, mi riconosco in questa descrizione. Credo che tutti siamo un pòirriverenti. Qualche espressione colorita capita prima o poi, generalmente sono quelle che provengono dal popolo a cui si appartiene.
 Che rapporto vive con le sue creazioni?
Vivo un rapporto sostanzialmente appagante. Quando riesco a creare qualcosa sono sempre felice e orgoglioso di raccontarlo. Questo probabilmente perchè le miecreazioni vengono da una mia verità, e sottolineo la mia,perché non può essere reperita altrove. Ho un modo di esprimermi vero, derivante da quello che osservo, che vedo e che esterno di conseguenza.
Ha in mente un luogo inconsueto dove vedrebbecollocate le sue sculture?
Non mi sono posto tale obiettivo, lascio tutto al tempo, agli episodi, agli incontri ed anche agli scontri che spesso sono proprio quelli che “producono “ effettipositivi.
Non immaginavo, tuttavia, di poter raccontare la mia vita e le mie storie in luoghi che, magari, non erano a questo preposti. Probabilmente c’è qualcosa vero e di comune che mi spinge e mi aiuta in questo mio percorso.
 Se dovesse dedicare una creazione ai nostri lettori russi, quale sceglierebbe e perché?

Io sostengo che, più che dedicare, è sempre bello raccontare opere in cui è il fruitore stesso a dedicarsi ad un oggetto o un soggetto nel quale si rivede, percependone le varie sfaccettature di gioia, allegria, felicità, tristezza e, spesso, di dolore.
In un angolo del laboratorio è collocato un “Bambinello” con in mano un telefono cellulare……
E’ un lavoro nato tre anni fa ed è un soggetto che, come concetto, oggi ritorna prepotentemente. Trattasi di un oggetto di ceramica che nasce dalla cultura Popolare statuaria del ‘700. E’ un pezzo che racconta della mia infanzia, di un bambinello venerato da mia nonna e intorno al quale riuniva i nipoti, i miei cugini, per pregare cercando di inculcarci i principi religiosi.
 Nella stanza della nonna, ancora custodita dalle mie zie, il bambinello risulta impolverato perché i giovani di oggi non sono più legati alla alla preghiera come una volta. Neppure io, probabilmente. In ogni caso c'è questo ritorno la suo tempo, quando la preghiera era vista come una specie di educazione che si cercava di dare a chi circondava ,anche attraverso i racconti intorno al braciere dove spesso ci addormentavamo ,non perché non interessati, ma perché forse per qualche esalazione dovuta al braciere stesso, fenomeno di cui non ci rendevamo conto. 
Nel parlare della nonna, delle zie e dei cugini, il pensiero, inevitabilmente, va ai miei genitori che mi hanno sempre affiancato nel percorso di crescita e di formazione, sostenendomi ed incoraggiandomi a percorrere la “strada dell’arte “,  spesso aspra e di difficile scorrimento. Colgo l’occasione per ricordare mia madre, che mi ha lasciato qualche mese fa, in questo periodo pandemico, e alla quale non ho potuto regalare il conforto di un ultimo abbraccio. Sono questi gli affetti che mi hanno accompagnato lungo il cammino percorso fino ad ora, a cui si sono aggiunti mia moglie ed i miei due figli che, giorno dopo giorno, rinnovano in me la forza, l’entusiasmo e la passione che sfociano nelle mie creazioni.
Concludiamo l’incontro in maniera insolita, con una domanda che l’intervistato, invece, rivolge all’intervistatrice.

• Domanda di Sasà: Perché vuoi raccontare delle storie ai russi e perché i russi vengono qui da noi?

Risposta di C.M.A.
“Alla domanda rispondo con immediatezza Ritengo che il racconto di esperienze, attraverso le interviste, in un giornale on line come il nostro, costituisca, nello scambio di informazioni e nella condivisione di emozioni, un efficace sistema di comunicazione, dinamico nella tipologia testuale ed accattivante per le immagini che lo accompagnano. E se, come ripete spesso Natalia “ vivere in Italia è un dono”, complici inconsapevoli l’amenità dei luoghi ed il clima favorevole, i russi ci scelgono. Ed in questo periodo particolare che ci coinvolge tutti, un momento in cui il turismo risente misure restrittive a contrasto della pandemia dovuta alla diffusione del COVID 19, auspichiamo di offrire il nostro contributo per ispirare ulteriormente i turisti, a visitare, quando sarà possibile, i bei luoghi che ci ospitano, rispetto ai i quali abbiamo tutti i mezzi a disposizione per permettere loro un confortevole ed interessante soggiorno tra arte, cultura, buona cucina, panorami eccezionali ed ospitalità eccellente.”
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