Ritorno al già citato Ščedrin che, secondo me, ha aperto la strada perché prima di lui il mondo russo non conosceva in maniera così forte, così chiara, così evidente e forse neanche con la stessa passione con cui Ščedrin l'ha vissuta, il mondo della Costiera.
Dopo di lui sono venuti altri come Michail Lebedev che è morto nel 1837 a Napoli ed aveva più o meno con le stesse caratteristiche di Pitloo e di altri, però ho notato che in questa ricerca lui ha fatto in modo che le opere non fossero mai diverse anzi, si lamentava del fatto che gli chiedevano sempre la stessa veduta e, pur di soddisfare questa richiesta, cercava di trovare sempre qualcosa di diverso sia pure nello staffage, cioè nella disposizione dei personaggi sulla scena o nella situazione luminosa per cui nel primo volume che ho pubblicato nel ‘98, il più importante sulla Costa di Amalfi, ho sottolineato spesso questo aspetto per cui la stessa veduta, ad esempio il belvedere di Santa Caterina, l'ha affrontato prima con la luce radente del mattino che creava un certo effetto e, successivamente, con la luce del tardo pomeriggio, nella situazione molto caratteristica della nostra Costiera nella quale il primo piano è in ombra ed il secondo è completamente in luce. Questo fenomeno lo può capire soltanto chi lo ha dipinto, come ad esempio il sottoscritto, perché si è alla ricerca di situazioni di luce che sono caratteristiche della nostra Costiera e non di altre. Questo luogo, subisce il fascino ma anche il problema del sole che tramonta presto. Su alcune spiagge alle 16.30, 17,00 del pomeriggio il sole è già scomparso e lui ha fatto di questo fenomeno un dettaglio molto forte. Altro elemento notevole è la ricerca delle impostazioni particolari con punti di vista che sono tra di loro complementari, come ad esempio guardando dalla spiaggia verso la Costa alta e l’altro dalle terrazze verso il mare che sono due aspetti complementari, come dicevo prima, che ci fanno comprendere quanto lui amasse questo territorio.
Sottolineo invece che, diversamente dagli altri come Pitloo, Gigante, non ha mai dipinto la grotta dei Cappuccini e questo dimostra quanto lui avesse una personalità forte che gli permetteva di concedersi il piacere di scegliere cose che altri non avevano scelto.
Altro nome significativo per me è Ivan Ajvazovskij, che è venuto nel ‘40 e ha dipinto non solo in Costa ma anche a Napoli con un differente approccio al territorio in quanto amava molto l’effetto di luce, a prescindere dal momento in cui dipingeva, per cui non gli attribuiva lo stesso valore che le attribuiva Ščedrin.
Ecco che certamente c'è più mestiere, meno amore e meno passione in Ajvazovskij rispetto a Ščedrin.
Chiaramente, venendo venti anni dopo nel nostro territorio, Ajvazovskij aveva una maturità diversa anche dal punto di vista cromatico per cui
la sua scelta della tavolozza era più luminosa rispetto a Ščedrin che risente, in alcuni tratti, della tavolozza classica di fine settecento, inizi dell’Ottocento. Di certo posso dire che, tra i due, preferisco Ščedrin.