The Capri Times
Michele Petruzzelli
Abate ordinario della Badia di Cava de’ Tirreni, nominato da Papa Francesco nel 2013
Testo: Caterina Marina Anselmo
Foto: Natalia Galkina Novi
Novembre, 2024
Ancora una figura eminente sulle pagine della nostra rivista. E’ la volta di Michele Petruzzelli, Abate ordinario della Badia di Cava de’ Tirreni, nominato da Papa Francesco nel 2013. Poco più di un decennio trascorso in territorio metelliano alla guida dell’antica Abbazia di Santissima Trinità. All’interno del suo appartamento incontriamo il Reverendissimo per raccogliere alcune riflessioni circa le esperienze personali, di studio e formazione che, da Noci, in provincia di Bari, lo hanno condotto a Cava de’ Tirreni. E’ proprio l’Abate ad aprire questo lavoro con un breve riferimento alle sue origini …
Sono nato a Bari dove ho vissuto fino all'Università e fino a quando il Signore mi ha fatto capire che la mia strada non era quella del matrimonio bensì quella del monaco benedettino. Ho trascorso più di trent’ anni nell'Abbazia della Madonna della Scala di Noci finchè, undici anni fa, Papa Francesco, il Sommo Pontefice, tramite la Nunziatura Apostolica mi ha chiamato per nominarmi Abate ordinario di questa millenaria Abbazia, la Santissima Trinità di Cava de’ Tirreni. E’ da allora che che svolgo questo compito e faccio parte della Conferenza Episcopale campana ma anche della Conferenza Episcopale Italiana, per l’appunto, come Abate ordinario.
Come è stato per Lei il momento della nomina ad Abate?
Nel momento in cui sono stato nominato ricordo la sensazione di confusione,
il senso di inadeguatezza che mi faceva pensare di non accettare. A seguito delle mie incertezze intervenne il Nunzio Apostolico per invitarmi alla riflessione. Egli riteneva che, essendo io un monaco, un sacerdote, non potevo “dire di no” al Papa e così obbedii.
Nel contesto ecclesiale di oggi, ma anche nella società, di fronte ad un compito, ci si sente spesso inadeguati, non preparati. Tuttavia, affidandomi alla grazia di Dio ed alla benevolenza delle tante persone che ho incontrato nella comunità che circonda l'Abbazia e che mi vogliono bene, ho superato la fase iniziale di incertezza, di turbamento e confusione ed eccomi quindi Abate.
Da allora a oggi, quali e quanti passi sono stati fatti?
Sono stati fatti passi allo scopo di ricostituire una comunità simile ad una famiglia. Ho tentato di amalgamare i membri di questa comunità perché oggigiorno l'individualismo è un’insidia che intacca proprio la vita comunitaria. Ed allora il mio sforzo si è prodigato proprio nell’ insistere sulla vita fraterna in comunità e stiamo riuscendo ad ottenere questo spirito di famiglia, di comunicazione vicendevole, tipico di rapporto padre /figlio. Vi è, poi, un secondo aspetto importante e cioè che sono riuscito anche ad ”aprire” questa Abbazia Benedettina che, da Monastero tipicamente chiuso, si è disserrata all’ospitalità tipica del monachesimo benedettino e che, oggi, è una delle sue caratteristiche fondamentali. San Benedetto diceva che è importante l’ospite perché con l’ospite si accoglie Cristo, quindi ho incominciato lavorando sulle strutture, con degli ambienti preposti a foresterie che sono oggi dedicati all'accoglienza dei visitatori. Sono state lanciate anche iniziative come, ad esempio, weekend spirituali per giovani adulti, Catechesi, incontri con laici, tutte iniziative che hanno permesso di aprirci perché nell’apertura sta la vita, nella chiusura sta la morte.
In questi undici anni ha avuto la possibilità di analizzare e conoscere bene il territorio nel quale opera e le persone che ci vivono e lo vivono ogni giorno. Quali sono i bisogni della zona e dei suoi abitanti?
Io direi che il bisogno primario della gente di questo territorio è quello dell'ascolto e dell'accoglienza.
Devo dire che ricevo principalmente due tipi di richieste di cui una proprio materiale, nel senso che a me si presentano persone che hanno bisogno di soldi, per pagare le bollette, persone che non ce la fanno ad arrivare a fine mese. Quindi, dicevo, la richiesta primaria è proprio la necessità di liquido per poter far fronte alle utenze. Una richiesta che viene inoltrata spesso ed in tal caso io mi faccio consegnare le bollette e provvedo al pagamento. Nel contempo, pervengono, sia da parte dei giovani ma anche di adulti, richieste di essere ascoltati, per un consiglio, una confidenza, un orientamento.
Realmente oggigiorno vedo che intorno regna molta confusione e sbandamento generale ed ecco che gli utenti allora cercano l'abbazia, cercano il monaco, per avere un orientamento, una via e questo è davvero importante.
Torniamo ora a lei ed agli inizi dei suoi studi per chiedere quando ha sentito il richiamo, la vocazione e se immaginava che un giorno potesse diventare Abate.
Innanzitutto preciso che la vocazione è come un seme gettato nel cuore della persona. Questo mi è accaduto all'età di tredici anni, quando una sera, accompagnando un mio amico, gli ho chiesto cosa avrebbe fatto lui dopo la terza media e mi ha risposto che sarebbe entrato in Seminario per farsi prete. Devo dire che a quel tempo l’ espressione ”Seminario” non l’avevo neanche mai sentita ed è stata questa parola che ha dato inizio al tutto perchè poi ho continuato a ripetere a me stesso….”Seminario”, “ farsi prete” e quindi sono andato avanti facendo parte di una Parrocchia del mio rione a Bari, dove ho fatto anche il catechista. Ero molto impegnato nell’ambito parrocchiale e quindi ho avvertito l’esigenza di dedicarmi in maniera totale ed esclusiva al Signore. Nel mio paese, Noci, la Parrocchia promuoveva iniziative di campi scuola, in una casa rurale proprio ai piedi del Monastero benedettino ed è lì che ho conosciuto la realtà dei monaci.
In seguito ho fatto il militare e mi sono anche fidanzato però poi ho capito che la mia strada non era quella del matrimonio ma la consacrazione radicale alla vita monastica, a Dio, e quindi, dopo varie esperienze, ho capito la mia vocazione che posso definire “adulta”. Adulta nel senso l’ho avvertita dopo il servizio militare, a ventun anni, e solo dopo sono entrato nel Monastero.
Ora sono quarant’anni che vivo in convento e ho definito, la mia, una “chiamata” adulta perché a quel tempo si entrava in seminario da piccoli, durante l’adolescenza. Oggi invece l’età di ingresso è diversa, è avanzata. A volte ho richieste di persone, di pensionati che vorrebbero venire in Monastero ed ovviamente si valutano i casi perché sono istanze finalizzate ad una “sistemazione” e non dovute alla “vocazione” vera e propria.
Negli anni sono andato avanti con la grazia di Dio, ho fatto gli studi di teologia, e sono andato avanti anche grazie alla mia famiglia che comunque rimase stupita della mia scelta.
I miei non presero bene la mia decisione, specialmente la mia mamma quando ha saputo che avevo interrotto il fidanzamento e modificato i miei progetti futuri.
Mio padre, invece, ha sofferto in silenzio. Tra l’altro, essendo di ideologia comunista, non era mai andato in Chiesa e solo quando ho manifestato il mio desiderio di entrare in Monastero, ha cominciato a frequentarla. Mia madre, invece, continuò a non accettare la mia scelta e spesso, durante il periodo del Seminario, mi domandava:- Non ti sei ancora stancato? Quando pensi di tornare a casa? Ha accettato la mia decisione solamente dopo molti anni. Oggi i miei genitori non ci sono più ma quando torno a Bari, nella mia città natale, trovo ancora dei familiari, degli zii, due sorelle e un fratello.
Come vive un abate la sua giornata all’interno delle mura? Come si rapporta con l'esterno, con gli abitanti del territorio ed i problemi della Fede?
Innanzitutto diciamo che un Abate è un monaco quindi vive la sua giornata ritmata con tanti appuntamenti di preghiera a livello comunitario a cui alterna momenti di vita un po' ritirata. La giornata è caratterizzata dalla dimensione della comunione e dalla dimensione della solitudine
La levata è alle 05:15 del mattino per partecipare poi, alle 06:00, alla prima Preghiera, segue l'Ufficio delle letture, il notturno, le lodi, la Messa, i Vespri. Sono sette momenti di preghiera comunitaria in cui inserire poi il lavoro. Come Abate io mi occupo non solo dell’animazione spirituale della Comunità ma anche di quella materiale nel senso che mi occupo della spesa settimanale, dell'acquisto della frutta, della verdura, dell'approvvigionamento in generale, per intenderci.
Poi ho molte richieste di celebrazioni da parte di alcune parrocchie, sia insistenti nella Costiera Amalfitana che nella costiera cilentana in quanto questa abbazia, che è una Abbazia territoriale, a suo tempo, fino al 2013, reggeva delle Parrocchie per cui i monaci facevano anche i parroci ed ancora oggi arrivano richieste di visite pastorali, di catechesi, che accetto nei limiti del possibile. Quindi la mia vita è fatta così, cadenzata dall’ ”ORA ET LABORA”
Reverendissimo, oltre l’Abate, chi vive in questo Convento?
Noi siamo, attualmente, in sette: cinque professi solenni, monaci e sacerdoti, un oblato regolare che è una figura che la nostra Congregazione ammette. Non è totalmente monaco e anche se indossa la veste da monaco non ha i voti ma è vincolato a delle promesse. Quindi con l’oblato siamo a sei ed attualmente, grazie a Dio, dopo tanti anni, abbiamo un novizio Canonico, un adulto di 43 anni. Naturalmente in questi undici anni passati qui come Superiore ne sono passati dei giovani adulti. Qualcuno si è fermato per restare un anno, un anno e mezzo ma poi ha lasciato oppure io ho consigliato di andare via perchè occorre un lungo discernimento per poter inserirsi in una comunità benedettina.
E come si potrebbe incentivare il ritorno alla Chiesa?
Io direi con una autenticità di vita, sia dei sacerdoti che dei religiosi perché, per natura, esiste l’ istinto alla verità che caratterizza ogni persona umana per cui, quando si vive autenticamente nella vita cristiana questa è capace di attirare. Quindi per me, è necessaria l’autenticità.
L’Abbazia viene frequentata dai giovani? Come si relaziona con essi?
L’Abbazia è abbastanza aperta con delle iniziative a livello sempre spirituale, di catechesi, però oggi la Chiesa in generale non è frequentata dai giovani. Vedo, durante le nostre celebrazioni liturgiche, in particolare la Messa, che i giovani son davvero pochi.
Qualche volta mi è capitato di accompagnare il Vescovo all’Arcivescovado a Cava e ho trovato piazze gremite di giovani impegnati nella movida, tra birra e Coca cola, ma in Chiesa ne vediamo davvero pochissimi. Tuttavia spero in un ritorno !
Parlando dei giovani viene da pensare a quelli che, fino a pochi anni fa, frequentavano questo luogo interessante anche dal punto di vista didattico in quanto era una scuola che invece poi è stata chiusa. Quali sono stati i motivi che hanno portato alla chiusura di una importante istituzione?
Innanzitutto intendo sottolineare che, in passato, i monaci hanno svolto un importante compito educativo. Grazie all’intuizione di qualche Abate hanno fondato una Scuola, un Liceo Classico, un Liceo Scientifico, prima aperto soprattutto ai ragazzi e, negli ultimi anni, anche alle ragazze. I monaci hanno formato generazioni di giovani educandoli soprattutto alla vita. Gli iscritti provenivano non solo dalla Campania ma anche dalla Puglia, dalla Lucania, dalla Calabria.
Nel 2005 vi è stata la chiusura per cause esclusivamente di tipo economico. Man mano che il corpo docente formato dai monaci veniva meno a causa della scomparsa di essi, non essendovi “ricambio” ci si doveva rivolgere a laici che occorreva retribuire. Purtroppo non è stato possibile sostenere a lungo le spese per cui si addivenne alla decisione sofferta di chiudere la scuola. Talvolta qualcuno chiede se ci sarà una riapertura della Scuola ma io non credo proprio sia possibile. Siamo così “striminziti”che non vedo alcuna possibilità di riapertura per cui l’Abbazia rimane nella sua funzione di accoglienza, di Catechesi, ed è quello il compito educativo che può sostenere. A seguito della chiusura dei Licei si è costituita un’associazione di “Ex allievi “della Badia, che sussiste ancora e che si incontrano una volta all’anno. Arrivano, ovviamente, sempre più anziani, accompagnandosi al bastone o spesso in sedia a rotelle. Abbiamo anche un periodico quadrimestrale, una pubblicazione dal titolo “Ascolta”, nata con lo scopo di far conoscere, condividere e tenere in collegamento gli ex allievi e gli amici della Badia.
Prima di concludere il nostro incontro con il Reverendissimo Padre Abate, saremmo lieti di conoscere il suo pensiero riguardo il Santuario di Maria Santissima dell’Avvocata, luogo di culto mariano che, nonostante la sua collocazione sulle alture dei Monti Lattari e raggiungibile solo attraverso alcuni sentieri, é meta di numerosi pellegrinaggi, soprattutto in estate.
Il Santuario dell’Avvocata situato sul Monte Falerzio, è di nostra proprietà. Il luogo di culto mariano ha la particolarità della suggestività del panorama. Il santuario è raggiungibile attraverso dei sentieri che partono da Cava de’ Tirreni, Cetara e Maiori.
Per quanto riguarda il percorso che parte dall’Abbazia, è un tratto di circa sei km, che affronto per metà in jeep, fino a Cappella Vecchia e per l’altra metà a piedi.
Non mi servo dell'elicottero perché, in quanto Abate, devo dare l’esempio del pellegrinare. Trattasi di un santuario molto frequentato, specialmente in occasione della festa della Madonna Avvocata che cade il lunedì dopo Pentecoste quando, a livello generale, nella Chiesa cattolica, si festeggia Maria Madre della Chiesa, una festa istituita recentemente da Papa Francesco. Per l’occasione si può arrivare a circa 1000, 1200 presenze e si riscontra Fede, molta pietà popolare ma anche tanto folklore e, purtroppo, tanto vino e si approfitta della festa per consumare cibo in abbondanza.
Nella circostanza noi ci mettiamo a disposizione per le Confessioni e molte persone si confessano esclusivamente lassù. Inoltre offriamo il servizio di elicottero per le persone anziane che desiderano raggiungere il bel luogo sacro dal panorama invidiabile. Ricordiamo ai lettori che il Santuario, collocato a 827 metri di altezza del monte sopra citato, si affaccia sul mare di Maiori.
Dal mese di Aprile fino ad ottobre, allorquando la terza domenica del mese si celebra la Santa Messa, i sacerdoti raggiungono a piedi la Chiesa.

Con il richiamo al “pellegrinare “ dei monaci lungo i sentieri che permettono di raggiungere il Santuario della Beata Vergine Maria, concludiamo il nostro incontro con il Padre Abate Michele Petruzzelli. Ringraziamo in modo particolare Aigul Akbagyzsh, affezionata ospite dell’Abazia che, nella circostanza, ha reso possibile l’intervista con il Reverendissimo che ci ha accolto nella stupenda Badia che, dal tempo di Sant’Alferio ad oggi, non smette di stupire i visitatori per la maestosità della struttura e la ricchezza dei preziosi materiali in essa contenuti.
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