The Capri Times



























Codice la Nova

intervista con Giuseppe Reale  

Vlad, dove SEI?

  • Текст Анастасия Кучумова
  • Фото Наталья Галкина Нови
Novembre 2025
В сердце Неаполя, за скромным фасадом комплекса Santa Maria la Nova, скрыт один из самых обсуждаемых и загадочных сюжетов европейской истории. Здесь, среди фресок, надгробий и редчайших ренессансных полотен, переплетаются судьбы исламских принцев, христианских героев, художников и военачальников. Здесь же, по мнению ряда исследователей, может покоиться Влад III, правитель Валлахии, чья фигура вдохновила Брэма Стокера на создание легенды о Дракуле.

Директор музея, профессор Giuseppe Reale, проводит нас по этому лабиринту смыслов, в котором две исторических даты соединяются в логическоую цепочку: 1480 год, дата осады Отранто и 1571 год, битва при Лепанто, а надгробная плита последнего наследника династии Афсидов неожиданно оказывается связующим звеном между исламом и христианством. В его рассказе готические легенды обретают документальную почву, а искусство политический контекст.

Мы говорим о теологических программах росписей, об обращении в христианство мусульманского принца, о роли семьи Феррилло и о том, почему именно Santa Maria la Nova становится столь правдоподобным местом захоронения Влада Цепеша.
А в финале - неожиданный мост к современности : вопросы к Люку Бессону о дате «1480» в его новом фильме и о том, почему режиссёр выбрал главным героем не Влада III, а его отца, Влада II.

Это интервью — попытка понять, где заканчиваются легенды и начинается история.

Приступим.
Prima di tutto voglio ringraziarla per questa possibilità di intervistare e scoprire i nuovi segreti del Codice La Nova… si chiama così, la scoperta?
Il titolo Codice La Nova è la prima cosa che mi venne in mente ormai nel lontano 2014, quando scoprii questa iscrizione che è proprio alle nostre spalle, nella grande cappella della chiesa monumentale di Santa Maria la Nova.
La chiamai così forse un po’ perché mi ricordai del codice di un noto film che tutti quanti ricordiamo — un thriller internazionale, una ricerca del mistero — e mi venne in mente questa espressione.
E poi, perché in fondo tutte le scritture sono codici: abbiamo, grazie a Dio, in molti casi la grammatica per interpretarli. Le nostre lingue stesse sono codici interpretabili.
E abbiamo atteso, nel caso del Codice La Nova, più di dieci anni. Qual è la sua proposta di interpretazione e di lettura?
Io dico sempre che si tratta di una proposta, perché come tutti i dibattiti scientifici è evidente che possono esserci opinioni diverse, anche contrapposte.
Questa è la nostra proposta di interpretazione. E ben venga: ci confronteremo con tesi anche contrarie a ciò che stiamo proponendo.
Sì, perché ho letto l’articolo de “Le Fenestre sull’Arte” e ho visto che molte persone si oppongono, dicendo che non è una storia vera, che Dracula non può essere sepolto a Napoli, che sarebbe sepolto in Transilvania o altrove. Lei che pensa?
Dico solo che tutto ciò che abbiamo discusso nell’ultimo seminario a Snagov quest’estate lo abbiamo poi pubblicato in un libro a mia cura, dal titolo Vlad, dove sei?

— Sì sì, l’ho letto.

— Ecco, quello è ciò che noi al momento pensiamo su questa vicenda.
Partiamo da due dati fondamentali.

Gli altri luoghi in cui si è presunto che Vlad III fosse sepolto hanno dato riscontri negativi. Ad esempio, un bell’articolo di una storica rumena documenta che nel 1933 la struttura della tomba di Snagov ha rivelato ossa… ma di un cavallo.
Quindi abbiamo tombe vuote o tombe presunte. Partiamo da un’assenza.

La ricerca del corpo, dello scheletro di Vlad III e soprattutto della sua memoria storica, insegue un percorso che lega i territori balcanici all’intero Regno di Napoli. Non solo la capitale, ma tutto il suo ruolo politico in quei secoli, in particolare nelle guerre tra cristiani, cattolici e soprattutto contro le truppe ottomane.

Io mi rendo conto che il grande potenziale comunicativo è quello richiamato dal nome Dracula.
Quando mi chiedono: «Dracula è sepolto a Napoli?» rispondo: No, certo. Dracula è un personaggio letterario, simbolico, dal grande potere evocativo.

Ma Vlad III, invece, ha lasciato tracce e connessioni che lo riportano nel contesto del Regno di Napoli.

Siamo davanti a un monumento funebre molto importante…
Sì. La nostra ricerca storica nel 2014 è partita proprio da qui: dal monumento dedicato alla famiglia Ferillo, in particolare a Matteo Ferillo, e dal suo legame con una cripta nel Duomo di Acerenza, dedicata al figlio Giacomo Alfonso Ferillo e alla sua consorte Maria Balscia.

Quindi questi due luoghi, Acerenza e Napoli, si parlano, tenuti insieme dalla memoria familiare dei Ferillo.
E dall’altra parte abbiamo un simbolo: un dragone, che ritroviamo spesso evocato sia nella cattedrale di Acerenza sia su questo monumento.

Fino al 1588 questo monumento non era qui, ma nella cappella a destra dell’altare maggiore, ed era diviso in due parti. È stato smontato e rimontato in questo angolo.
Vede lassù in alto? C’è un incastro improbabile di due marmi: uno del 1499 e l’altro, in velocità, del 1497. Questo ci fa capire che sono stati ricollocati qui.
Guardando si vede proprio lo stacco in alto…
Esatto. I documenti recuperati ci dicono che il monumento si trovava fino al 1588 nella cappella dedicata alla Vergine Assunta. Abbiamo atteso a lungo quel documento perché l’intera chiesa è dedicata alla Vergine Assunta — quindi volevamo capire di che cappella si trattasse esattamente.

Era composto di due parti: un grande arco e un corpo centrale.

Sulla base dei rapporti tra Acerenza, i Ferillo e Napoli siamo giunti ad alcune convinzioni certe:

  1. Il rapporto familiare tra Giacomo Alfonso Ferillo e Maria Balscia.
  2. Il valore rievocativo della cripta di Acerenza.
  3. L’identità storica della stessa Maria Balscia, che non è in discussione.


In un’altra tomba, alle sue spalle — anche quella un tempo nel coro della chiesa — è ricordato Costantino Castriota Scanderbeg, colui che avrebbe portato nel Regno di Napoli la piccola orfana di sette anni, Maria, affidandola alle cure di Andronica Comneno.

Anche lì ci sono opinioni diverse. Ma resta da capire perché in quel monumento appare la parola Maria, che non sembra riferirsi alla Madonna ma a una donna comune.

Siamo alla ricerca dei pezzi del puzzle.
E il codice nella Cappella Turbolo?
Lì abbiamo avuto un grande passo avanti. Il codice — che molti dicevano essere in greco — sembrava la traduzione del documento papale del 1576 di Gregorio XIII.
Ma chi conosce il greco vede subito che non si può tradurre.

Anni fa facemmo un esperimento: vennero docenti di lingue dell’Europa orientale. Ognuno leggeva qualcosa, ma nessuno riusciva a comprenderne il senso complessivo.

Quindi anche qui partivamo da un’assenza:
— la tomba,
— l’impossibilità di tradurre il codice.

E sulla base di questi vuoti abbiamo avanzato delle proposte.

Il punto di partenza è stato banale: tutti scrivevano che si trattava di una lapide marmorea.
Ma non c’è marmo: è un’iscrizione murale.

Nel 2018, durante il restauro, abbiamo chiamato un esperto di diagnostica, il professor Falcucci, che tramite analisi spettroscopiche e campionamento dei pigmenti ha rilevato un fatto semplice:
tra l’iscrizione e la cornice non c’è salto di malta. È un’unica stesura di materiale.

Anche tra la cornice e gli affreschi, che sono datati tutti al XVI secolo, non vi è salto di malta. Questo ha consentito di retrodatare la sua prima ipotesi. Appena il professor Falcucci ha visto questa iscrizione, ha detto: “È della fine dell’Ottocento”. Io gli risposi: “Bene, continui e mi scriva questo”. Tenga presente che un documento di riferimento è il libro di padre Gaetano Rocco del 1927, in cui padre Gaetano, parlando di Santa Maria la Nova, scrive anche di questa iscrizione e ritiene che sia una lapide marmorea con un testo in greco classico.
Quindi abbiamo il 1927 come una data certa, perché si tratta di un documento, di un libro. E successivamente l’ipotesi che fosse un’iscrizione di fine Ottocento. Ecco, a conclusione di questa analisi, il professor Falcucci rende invece compatibile la retrodatazione. Quindi noi siamo andati via via a retrodatare, a restringere il paletto dei nostri interessi. Proprio come abbiamo fatto qui, in questo caso.
Anche di questa croce, pure si parla un po’, che dopo è una croce un po’…
Sì, le spiego. Perché chiaramente… In realtà nel libro lei trova un articolo del “Mattino”, perché noi pubblicammo allora le foto di questa ispezione. E questa immagine non è l’unica che abbiamo pubblicato, perché esistono altre inspiegabili immagini all’interno di questo monumento.
Ci ha fatto capire che questo monumento ha una sua importanza. Sicuramente questo dragone è un simbolo potente per chi arriva qui nel chiostro di Santa Maria la Nova. Ma quella iscrizione ci consente di individuare un altro punto di sepoltura.
Quindi, adesso grazie a questa iscrizione, la nostra attenzione si è spostata verso questo interno. Abbiamo capito tutti — l’ho detto più volte — che si tratta di un monumento funebre, perché tutte le sepolture sono nelle zone sottostanti.
Noi abbiamo aperto questa botola e siamo scesi nella camera sepolcrale della Cappella Turbolo, perché quella iscrizione ci offre due elementi importanti:
• una data — 20 novembre 1480,
• e ci dice che Vlad sarebbe stato ucciso due volte, e che qui Vlad il Pio sarebbe stato onorato come un martire.

Questo è il motivo per cui io sto studiando le altre sepolture presenti all’interno della chiesa. Qual è l’elemento importante al quale sono pervenuto, che ho compreso?
Secondo me, Santa Maria la Nova ha avuto un ruolo fondamentale nell’accogliere le sepolture di personaggi importanti nella lotta del mondo cattolico, del mondo cristiano, contro le truppe dei turchi ottomani.
E questo si è letto — come vi ha detto appunto…
ecco, qui c’è la tomba di Hamida.
Allora, le ho indicato quella lapide che è dedicata alla sepoltura di Hamida, ultimo discendente della dinastia Afside di Tunisi.
In realtà la lastra sepolcrale è quella che sta a terra.
E si deve a lui la realizzazione di questa bellissima iconografia dedicata alle donne nella Sacra Scrittura, con questa grande tela centrale di Imparato dedicata appunto alla Vergine Assunta in Cielo.
Quindi la cosa veramente straordinaria è che il soffitto ligneo, con quarantasette tele tutte dedicate.
La grande tela dedicata all’Assunta è proprio il cuore della narrazione teologica di Santa Maria la Nova, e quindi è il centro sia di questo edificio sacro, sia anche della sua figurazione pittorica.

E ipotizzare — anzi, sapere — che è stato realizzato dall’atto di conversione al cristianesimo di un islamico venuto qui in città prigioniero insieme al padre è un elemento che fa riflettere, soprattutto per i suoi rapporti con Giovanni d’Austria.

E dicevo che appunto Giovanni riceverà a Santa Chiara, il 14 agosto del 1571, quel vessillo con cui avvierà il grande scontro della Battaglia di Lepanto.

Come vede, il 1480 e il 1571 sono raccolti come memorie di una guerra, di un assedio e di una liberazione, ed entrambe sembrano accomunate dalla ricorrenza, dalla celebrazione della Vergine Assunta in Cielo.

Ora, tutto questo sicuramente non può non destare la nostra attenzione proprio rispetto alla ipotetica — per noi, direi ormai abbastanza sicura — presenza delle spoglie di Vlad III qui a Santa Maria la Nova.

Cioè, questo contesto tra Otranto e Lepanto rende credibile la presenza di Vlad III nella chiesa di Santa Maria la Nova anche perché era luogo, come tanti d’altra parte, di sepolture gentilizie.

E quindi, da una parte, il rapporto con la famiglia Ferillo spiegherebbe la venuta a Santa Maria la Nova; e dall’altra parte, l’importanza di questo luogo esattamente per la memoria di quegli eroi che hanno combattuto e vinto contro l’Islam.
Santa Maria la Nova non è solo un luogo di arte e devozione, ma un archivio di memorie che raccontano le complesse relazioni tra cristiani e musulmani, tra potere politico e fede, tra realtà storica e mito letterario. Grazie all’analisi del Codice La Nova e alle indagini del professor Giuseppe Reale, possiamo guardare oltre le leggende e riconoscere il valore storico dei personaggi che hanno attraversato queste stanze secoli fa.

Questo intervista ci invita a riflettere su come la storia, l’arte e la leggenda possano convivere in un solo spazio, trasformando un monumento sacro in una finestra sul passato europeo e sulle sue storie ancora da decifrare.